
Ultimo post di questa serie speciale. Da lunedì 5 settembre si torna alla normalità e alla pubblicazione quotidiana regolare.
Visto che con l’inizio di settembre si salutano definitivamente l’estate e le vacanze e si ritorna a lavorare, oggi voglio parlarvi di lavoro.
Per i film che parlano di lavoro c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Tra i più recenti e di successo c’è sicuramente “Il diavolo veste Prada“, con una magnifica Meryl Streep che veste i panni di un capo dispotico e impossibile . Credo sia uno dei rarissimi casi in cui il film è molto meglio del libro. Per la trama completa leggete qui.
Se vi piace il genere segretaria/capo non potete sicuramente perdere “La segretaria quasi privata“; è un film del 1957 con Katherine Hepburn e Spencer Tracy. Oltre ad essere un film che ha per protagonisti due miti del cinema, è bello vedere come funzionava il lavoro d’ufficio prima dell’arrivo della tecnologia; questo film fa anche riflettere sul tema uomo/macchina e la possibilità e i limiti delle macchine che devono sostituire le persone (argomento più che mai d’attualità nel settore della traduzione): Katherine Hepburn è una delle segretarie di un azienda che ha deciso di introdurre una grandissima novità, i computer. Certo, non i moderni pc compatti, ma un computer che occupa un’intera stanza e che semina lo scompiglio fra le segretarie che già si vedono sostituite dalla moderna macchina. Le segretarie si preparano alla lotta ed elencano tutti i motivi per cui sono migliori del computer. Spencer Tracy è il nemico, ovvero il tecnico che sta installando l’odiata macchina nell’ufficio e che dovrà insegnare alle segretarie a usarla. Sarà proprio lui, dopo una serie di equivoci e di crisi, che spiegherà alle signore come la macchina servirà a semplificare il loro lavoro e non a sostiuirle. È incredibile come un film così vecchio tratti un tema così attuale.
Credo che i lavoratori più detestati dal genere umano siano gli operatori dei call center: chiamano nei momenti meno opportuni, insistono, richiamano, richiamano e richiamano.
Certo, nemmeno io li ho particolarmente in simpatia, ma avendo lavorato in un paio di call center ai tempi dell’università so per certo che nemmeno loro si divertono particolarmente. Avete mai provato a lavorare con uno specchio davanti al viso per accertarvi di essere sempre sorridenti perché “il sorriso passa attraverso il filo del telefono“? O di dover convincere un programmatore di pc a iscriversi a un corso base di informatica perché il responsabile del call center è accanto a te e, incurante di qualsiasi forma del più comune buonsenso, ti incita a ribattere alle obiezioni del potenziale cliente? Per capire cosa significhi lavorare in un call center vi consiglio di leggere Il mondo deve sapere di Michela Murgia. È un romanzo autobiografico, nato come blog che ha avuto un buon successo al punto da diventare anche un film (Tutta la vita davanti, di Paolo Virzì con Sabrina Ferilli). Posso garantirvi che per quanto alcune situazioni sembrino paradossali, quello che Michela Murgia racconta è proprio vero: dalle riunioni motivazionali, ai premi-carota, dai prodotti improbabili e invendibili che devono essere venduti a tutti i costi (a volte rasentando la truffa) ai licenziamenti modello “punirne uno per educarne cento”.
Magari le telefonate a tutte le ore non vi ruisciranno più gradite, ma questo libro almeno vi spingerà a essere un po’ più comprensivi e gentili con i famigerati operatori.
La playlist che parla di lavoro va ascoltata con un’unica avvertenza, non sono riuscita a trovare nemmeno una canzone allegra o anche solo vagamente positiva sul lavoro.
Le vacanze sono terminate, da lunedì 5 settembre si torna ufficialmente alla routine lavorativa e ai post quotidiani. Vi invito a tornare per leggere il post di bentornati dove vi racconterò tutte le novità e i programmi che aspetteranno questo blog nei mesi a venire. Stay tuned.