
Per il post di oggi ci trasferiremo in Giappone. Per chi è un po’ vintage come me, ovvero se siete nati negli anni ’70, da bambini i cartoni animati si dividevano principalmente in giapponesi e americani. Salvo poche eccezioni, secondo me gli anime giapponesi erano (e sono) di gran lunga migliori rispetto ai cartoni animati americani, ma è solo la mia opinione. Visto che la parità di genere e il politicamente corretto negli anni ’70 erano lungi dall’essere un pensiero, i cartoni erano quasi sempre nettamente divisi fra cartoni animati per femmine e cartoni animati per maschi.
Al primo gruppo appartengono Heidi, Candy Candy, I Barbapapà, Remì, Jenny la tennista, Belle e Sebastien, Bia la sfida della magia, l’Ape Maia, Vicky il vichingo e il bellissimo Il fantastico mondo di Paul; fanno parte del secondo gruppo tutti i “robottoni” (Il grande Mazinga, Mazinga Z, Jeeg Robot d’acciaio, UFO Robot Goldrake, Daitarn 3, ecc.), e molti fra i più bei cartoni animati di sempre: Conan il ragazzo del futuro, La regina dei mille anni, Galaxi Express e quello che secondo me è il più bello in assoluto: Capitan Harlock, (da non confondere con il tarocco Capitan Herlock). Così, mentre le mie cugine litigavano su chi fosse più bello tra Antony e Terence, io non vedevo l’ora di guardare gli scontri tra il bel capitano a bordo della sua Arcadia e la regina Raflesia a capo del suo esercito di micidiali donne mazoniane. Molti dei cartoni animati degli anni ’70, tra cui proprio Capitan Harlock, erano disegnati dal famosissimo Leiji Matsumoto che in Italia resterà a lungo il desegnatore di anime e manga per antonomasia. L’altro grande disegnatore di anime e manga giapponesi è Hayao Miyazaki, l’autore di Conan il Ragazzo del futuro, di pochi anni più giovane di Leiji Matsumoto, ma che in Europa e in Italia rimane pressoché sconosciuto fino all’Orso d’Oro del 2002 per La città incantata.
I film che vi proporrò questa settimana sono tutti di Hayao Miyazaki e del suo Studio Gibli (da cui si è ritirato nel 2013, sob!). I cartoni animati dello Studio Gibli sono quasi sempre caratterizzati dalla contrapposizione tra uomo e natura, dal tema dell’amicizia e dall’elemento fantastico, tipico di molta della letteratura giapponese tradizionale e moderna, basti pensare ai libri di Haruki Murakami (l’ingiustamente eterno “quasi vincitore” del Nobel per la letteratura). Di Murakami vi proporrò ben due titoli, ma vi consiglio fortemente di leggere tutte le sue opere perché sono una più bella dell’altra. Una curiosità: Haruki Murakami oltre ad essere uno scrittore di successo è anche un traduttore.
In fatto di musica giapponese confesso di conoscere solo le canzoni incluse nella colonna sonora di Kill Bill, così vi proporrò quella, vale comunque la pena di guardare anche il film: Quentin Tarantino è americano, ma Kill Bill e fortemente influenzato dai film di arti marziali giapponesi e la scelta di David Carradine per la parte di Bill non è certamente casuale (per i troppo giovani qui). Comunque se vi piacciono le storie di samurai e volete vedere una serie tv o leggere un manga autenticamente giapponese vi consiglio Lone Wolf and Cub: alzi la mano chi non conosce Itto Ogami e la serie Samurai (qui).
E dopo questo bel giro del Giappone, passo e chiudo: buon divertimento.
Per le trame complete dei film dovete cliccare sulle immagini.
Cinema d’estate
Libri da spiaggia
La fine del mondo e il paese delle meraviglie ![]() | La fine del mondo e il paese delle meraviglie sono i due mondi in cui si sviluppa la storia di questo libro. Il paese delle meraviglie è la “realtà”, un mondo futuristico (ricorda un po’ le ambientazioni dei libri William Gibson) con protagonisti uno scienziato pazzo e un ragazzo che si inoltrerà nel sottosuolo brulicante di creature mostruose della città. La fine del mondo è la fantasia, un mondo grigio senza ombre, senza sentimenti e senza tempo che ha per protagonista un Lettore di Sogni che legge i teschi degli unicorni. Ma quale sarà il legame fra i due mondi? |
Ne L’arte di correre Murakami parla di se stesso, del suo rapporto con la creatività e di come l’esercizio della corsa sia importante per la “manutenzione” del suo corpo, ma anche della sua mente. Questo libro non è un’autobiografia, ma una riflessione sulla fatica, la fatica di creare e la fatica di correre ( e posso garantirvi che la descrizione della corsa sotto il sole greco è talmente vivida da farvi faticare con lui), sul talento e l’autodisciplina. È un libro molto bello, proprio perché profondamente diverso da tutte le altre opere di Murakami. | L’arte di correre
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