
Alzi la mano chi fa (buoni) propositi per il nuovo anno? Sono i New year’s Resolutions, si formulano solitamente il primo giorno dell’anno e spesso e volentieri verso l’Epifania sono già tranquillamente dimenticati. Per questo gli esperti (e chi sono io per dar loro torto), suggeriscono di fare invece un’attenta pianificazione, molto più precisa, accurata e misurabile nei risultati.
Se pensate che i buoni propositi per l’anno nuovo siano un’invenzione moderna, vi sbagliate.
Già presso gli antichi Babilonesi c’era l’abitudine di tenere celebrazioni per l’anno nuovo; all’epoca l’anno iniziava a marzo e veniva celebrato con una festa che durava 12 giorni.
Durante questa festa le persone facevano promesse agli dei che dovevano essere mantenute perché gli dei sono notoriamente permalosi e in caso contrario il malcapitato si sarebbe trovato nei guai.
Bisognerà aspettare Giulio Cesare e la sua riforma del calendario perché l’anno inizi a gennaio.
Il primo mese dell’anno viene dedicato così a Giano (Ianus), il dio bifronte, che con una faccia guardava indietro, verso il passato, mentre con l’altra guardava dritto davanti a sé, verso il futuro.
Tra l’altro, presso i Romani anche le porte erano dedicate a questo dio per la loro caratteristica di “guardare” in due direzioni opposte: la porta infatti in latino si diceva ianua.
In inglese darà origine alla parola janitor (custode, guardiano, e, oggi, anche bidello).
Pare che anche presso i Romani si facessero promesse al dio Giano in occasione dell’inizio dell’anno, tradizione che verrà proseguita anche dai Cristiani prima e dai Cattolici poi.
Ai giorni nostri la parte religiosa dei propositi per il nuovo anno è andata abbastanza persa, ma nulla vieta di farne e, magari, di mantenerli per tutto l’anno.