I peperoni sono una delle prime “spezie” che Cristoforo Colombo ha portato in Europa di ritorno dal suo primo viaggio nelle Indie, come lui chiamava l’odierna America meridionale.
Facciamo un veloce ripasso di storia: sin dai tempi dei romani, la Via della seta era la principale rotta di commercio tra l’Europa e l’estremo oriente. Nonostante il nome, la rotta della Via della seta non permetteva soltanto il commercio del prezioso tessuto, anche perché l’allevamento dei bachi si diffuse abbastanza presto in Europa, già a partire dall’impero bizantino, ma era la via per trasportare in Europa le preziose spezie provenienti dall’estremo e medio Oriente. Fino al 1215 circa, il viaggio da e verso l’Oriente era pericoloso e attraversava numerosissimi regni diversi. Con l’espansione dell’impero mongolo, dal 1215 appunto, il viaggio verso oriente diventò molto più sicuro e sotto la protezione del Khan. All’apice della sua potenza, l’impero fondato da Gengis Khan andava dall’Asia orientale all’Europa centrale, si estendeva per oltre 24 milioni di km² e contava all’incirca 100 milioni di abitanti. Viaggiare verso la Cina non era più un’avventura così pericolosa, grazie alla cosiddetta pax mongolica i viaggiatori dell’epoca attraversavano un unico grande paese ed erano protetti dalle leggi del Khan. Questo permise di aumentare i commerci e di abbassare il prezzo delle preziose merci che arrivavano dai vari paesi orientali. Con la fine dell’impero mongolo, intorno al 1360, la situazione precipitò nuovamente e i viaggi verso oriente tornarono a essere difficili e pericolosi.
Gli stati europei iniziarono a cercare nuove vie per arrivare in oriente, finché nel 1492 i regnanti di Spagna non decisero di finanziare un visionario navigatore genovese, convinto che fosse possibile raggiungere l’oriente passando per l’Oceano Atlantico: Cristoforo Colombo. L’idea di Colombo, che oggi può sembrare banale, era davvero visionaria in un’epoca dominata dalla credenza generale che la Terra fosse piatta e terminasse appena oltre lo stretto di Gibilterra.
Arrivato a San Salvador, Colombo era convinto di aver raggiunto le Indie e le preziose spezie che aveva promesso ai re di Castiglia.
Ed è proprio lì che Colombo assaggiò per la prima volta quello che lui considerava una spezia saporita e piccante, dal sapore che ricordava vagamente il pepe, e infatti inizialmente lo chiamò “pepe d’India”, solo in seguito questo ortaggio prese il nome di peperone.
Il peperone è un ortaggio della famiglia delle solanacee (come patate, pomodori e melanzane) e deve la sua piccantezza alla presenza più o meno consistente di capsaicina, una sostanza irritante delle mucose, responsabile della sensazione di calore e bruciore.
I peperoni si dividono in dolci, piccanti e ornamentali e possono avere forme e colori molto diversi. Il colore dei peperoni dipende dal grado di maturità e dalla varietà. Una caratteristica di questo ortaggio è che è possibile mangiarlo in qualunque stadio di maturazione. In Italia conosciamo principalmente i peperoni verdi (acerbi), gialli e rossi (perfettamente maturi). Tuttavia ci sono anche peperoni arancioni, violacei e persino bianchi.
Sicuramente i peperoncini piccanti sono i più curiosi, anche perché grazie a incroci e selezioni si cerca di ottenere varietà sempre più piccanti.
La piccantezza dei peperoni viene misurata con una scala chiamata scala Scoville, dal nome del suo ideatore. La scala di Scoville va da zero, per i peperoni dolci che non contengono capsaicina, a 16.000.000, che è il valore della capsaicina pura.
Attualmente il record di piccantezza è detenuto dalla varietà Carolina Reaper che può vantare 2.200.000 unità scoville. Questi peperoncini così piccanti, vengono solitamente consumati in salse che devono essere preparate prendendo delle precauzioni per proteggere gli occhi e la pelle con guanti e occhiali, visto che il contatto con la polpa provoca forti bruciori e irritazioni.
La tolleranza alla capsaicina varia molto da persona a persona e dipende molto anche dalle abitudini alimentari. Quindi un cibo piccantissimo e intollarabile per alcuni, può essere semplicemente piccante, ma gustoso per altri.
Soprattutto negli Stati Uniti, sono molto in voga gare per chi riesce a mangiare questi peperoncini piccantissimi, con risultati talvolta spiacevoli che possono portare anche all’ospedale. Infatti la capsaicina favorisce la vasodilatazione periferica, e se da un lato è vero che questa proprietà ha contribuito a dare al peperoncino la fama di cibo afrodisiaco, dall’altro può provocare fortissimi mal di testa, nausea e vomito.
Un ultimo consiglio: per attenuare il bruciore alle mucose della bocca non bisogna bere acqua, che fa ottenere l’effetto esattamente contrario, aumentando la sensazione di bruciore, ma latte. La capsaicina, infatti, viene resa solubile e i suoi effetti vengono attenuati dai grassi del latte.
Immagini di:
– Dale Thurber – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=31105886
– Michelet-密是力 (talk) – Michelet-密是力 (talk), Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=42555600