Riflessioni sparse

Primo bilancio delle fiere

Finalmente ho finito il mio giro delle fiere.
Facendo un primo breve bilancio, ecco cosa ho portato a casa da questa esperienza:
1) Contatti: visto che è il motivo principale per cui si va in fiera, direi che è il minimo sindacale, anche se non è così scontato; alla mia prima fiera, un anno e mezzo fa, sono tornata a casa senza alcun contatto, nemmeno un nome, mi sembravano sempre tutti troppo occupati, avevo l’idea di disturbare e mi sentivo fuori luogo. Pian piano ho preso confidenza e devo dire, con una certa soddisfazione, che quest’anno ho potuto eliminare un paio di fiere perché ho raccolto talmente tanti nominativi che mi ci vorranno almeno un paio di mesi per contattarli tutti.
2) Cataloghi, depliant & Co.: una cosa che ho sicuramente imparato, è che l’idea di portarsi un piccolo trolley, tipo bagaglio a mano, non è proprio così campata in aria, diversamente vi ritroverete in breve a trascinare una zavorra fatta di depliant e cataloghi, che renderà la vostra visita un vero calvario.
Quando arrivo su uno stand la prima cosa che cerco sono i cataloghi e i depliant, guardo se sono multilingua o, in alternativa, se hanno una versione per ogni lingua; quindi mi informo se li traducono internamente o se si appoggiano ad agenzie e/o traduttori esterni: le risposte variano molto e potete trovare anche chi candidamente ammette di tradurre il tutto con Google translate e poi di “dargli una sistemata”. Quindi chiedo se posso prendere qualche copia (è buona norma chiedere sempre, per molti motivi, primo fra tutti che i cataloghi costano e non tutte le aziende desiderano distribuirli a pioggia) e, se c’è la possibilità e la disponibilità dell’interlocutore, cerco di raccogliere il maggior numero di informazioni possibili, sui prodotti, sui contatti con l’estero (o l’Italia, se l’azienda è straniera) e tutto quello che mi potrà successivamente aiutare a scrivere la mail di contatto del dopo-fiera.
Nove volte su dieci vi sentirete rispondere che non hanno bisogno di traduttori perché:
– in azienda “masticano” tutti un po’ di inglese;
– il famoso cuggino, amico e simili, già si occupano di tradurre tutto;
– non hanno rapporti di alcun tipo con l’estero;
– i commerciali parlano un numero variabile fra le due e le quattro lingue straniere e si occupano di tutto loro.
Può sembrare strano, ma anche l’ultima affermazione è abbastanza plausibile, infatti in aziende medio-piccole o nelle filiali di grosse aziende, non è così insolito che l’ufficio commerciale (o quello tecnico) si occupi di una parte o di tutte le traduzioni, e/o delle revisioni delle traduzioni effettuate dalle agenzie.
Depliant e cataloghi sono un’ottima fonte di terminologia specifica, quindi faccio sempre una buona scorta.
3) Conoscenza diretta dei prodotti: soprattutto nel caso dei macchinari, aver visto come sono fatti, come funzionano, quali sono gli accessori e le varie dotazioni, può essere d’aiuto nel momento in cui si devono tradurre manuali d’uso e schede prodotto. Se poi siete fortunati, e posso garantirvi che capita davvero, potreste anche trovare sullo stand una persona particolarmente gentile che vi farà vedere il macchinario in funzione e vi farà una breve presentazione tecnica. La conoscenza diretta di quello che si va a tradurre , non potrà mai sostituire la teoria.
4) Riviste di settore: può capitare di finire nella fiera sbagliata, nonostante tutte le ricerche che possiate aver effettuato prima della fiera. A me è capitato con il BIMU di Milano; gli espositori erano quasi tutte aziende di grandi dimensioni, c’erano moltissime multinazionali e ho davvero fatto fatica a trovare contatti alla mia portata, questo perché nelle mie ricerche mi sono concentrata su una ricerca per settori e non ho ben verificato le dimensioni delle aziende.
La visita è stata salvata dalle riviste di settore. Se siete fortunati c’è un press corner dove sono concentrate la maggior parte delle case editrici, questo vi permetterà di raccogliere molti contatti senza bisogno di percorrere i padiglioni in lungo e in largo. È sempre comunque meglio verificare sul libretto o la cartina della fiera la presenza di altre case editrici. Vale la pena fare un buon “raccolto” anche di riviste specialistiche, perché anche queste sono un’ottima fonte di terminologia specifica, inoltre, insieme ad un contatto diretto, otterrete anche i contatti indiretti degli inserzionisti.
5) Workshop: in occasione di quasi tutte le fiere, vengono tenuti workshop su argomenti che possono essere un’importante fonte di aggiornamento professionale. Il più delle volte la partecipazione è libera ed è sufficiente registrarsi.
6) Shopping: ebbene sì, uno degli indubbi vantaggi di lavorare con il settore alimentare, è che alle fiere di settore, anche a quelle tecniche dove vengono esposti quasi esclusivamente macchinari, ci sono fantastici stand dove acquistare i prodotti della zona, e se la fiera è a Parma, come il CibusTec, capite bene che non si può resistere al richiamo di prosciutti, coppe e altre prelibatezze simili.

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