Una piccola premessa: se doveste mai decidere di iniziare a leggere dei saggi di storia, partite con uno qualsiasi di Alessandro Barbero; il motivo è piuttosto semplice, Barbero, oltre ad essere uno stimato storico, è anche un ottimo romanziere, questo significa che i suoi saggi uniscono all‘accuratezza storica dell’accademico, la leggibilità dell’abile romanziere.
In “Le parole del papa“, Barbero analizza quasi mille anni di parole che i papi hanno scritto prevalentemente nelle encicliche redatte allo scopo di diffondere i dettami del capo della Chiesa Cattolica.
È molto interessante vedere come, utilizzando parole che nel corso dei secoli non sono cambiate molto nella forma, queste abbiano assunto prima il tono imperioso e autorevole dei papi Medievali, certi del proprio potere e del proprio posto nell’ordine delle cose, per diventare in seguito quelle dal tono un po’ querulo e incerto del periodo della Controriforma, quando la Chiesa, ma anche i re dell’epoca, si rendono conto che il mondo non inizia e finisce nelle parole del papa; nelle parole dei papi si vede anche la lenta (lentissima) accettazione di un mondo che sta cambiando, della scienza che prende sempre di più la parola, una parola che, spesso, è al di sopra di quella del papa: è il Settecento, non sono più i tempi di Galileo, quando bastava la minaccia di scomunica per rallentare il progresso della scienza; ne consegue la presa di coscienza che questo è un processo indipendente dalla volontà del pontefice: il tono adesso è rassegnato, il papa non ordina più, chiede. Intorno all’Ottocento, con il diffondersi del progresso tecnologico, delle prime industrie, con la nascita del proletariato, la Chiesa trova una propria nuova dimensione: la difesa dei più deboli, delle fasce più indifese della popolazione, di quel proletariato che è nato con il nascere dell’industria. Contemporaneamente la Chiesa trova un nuovo nemico: il Comunismo. Tornano le parole di condanna, questa volta non sono rivolte a tutto il mondo, sono rivolte al mondo cattolico: un mondo più piccolo, è vero, ma al cui interno il papa è nuovamente la massima autorità e la Chiesa è di nuovo magistra.
Il linguaggio con cui il pastore della Chiesa di Roma si rivolge all’umanità nei momenti difficili è sempre stato espressione non solo della sua personalità individuale, ma del posto che la parola della Chiesa occupava nel mondo in quella data epoca[…]
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