Mentre sto scrivendo questo primo post estivo, vi vedo. Vedo lo sconcerto sul vostro viso e immagino stiate pensando: ” Carina l’immagine, ma prima ci prometti post su frutta e verdura spettacolari, addirittura di provenienza aliena, e poi parti con la banana, il frutto più comune e banale di tutti? Dai, siamo seri!”.
Armatevi di pazienza e vedrete come questo frutto all’apparenza così ordinario in realtà abbia una storia davvero originale e ricca di curiosità linguistiche e non.
Partiamo dal nome: il nome banana deriverebbe dal termine arabo banan, che significa dito; questa etimologia è stata ampiamente accolta in inglese tanto che un casco di banane, quello che solitamente si trova sull’arbusto o all’ingrosso, è costituito da 3 a 20 file chiamate hand of bananas, mani, il grappolo (formato 3 a 8 banane) che troviamo nei supermercati o dall’ortolano si chiama cluster e la singola banana viene chiamata finger, dito.
Il nome scientifico secondo la classificazione di Linneo è “musa sapientium” ovvero il frutto/cibo dell’uomo saggio (dall’arabo mūza, frutto). Alcuni studiosi ritengono che il vero frutto proibito del paradiso terrestre fosse in realtà una banana, ma tra i candidati ci sono anche il fico e il dattero, tutta frutta proveniente dal Medio Oriente. L’idea della mela sarebbe “un’invenzione” di qualche traduttore rinascimentale che ha confuso malum (male) con malum (melo), a imperitura dimostrazione che il traduttore si vede solo quando sbaglia.
Esistono un numero incredibile di tipi di banana, si stima tra i 300 e i 1.000. La difficoltà nel determinare il numero è data dal fatto che lo stesso frutto in paesi diversi (e a volte anche all’interno dello stesso paese, ma in regioni differenti), viene chiamato con un nome diverso, cosa che rende complicato stabilire di preciso quanti tipi di banane ci siano. Per comodità oggi si distingue tra due grandi famiglie: musa acuminata a cui appartengono le classiche banane gialle che vediamo ogni giorno nei negozi e ogni altro tipo di banana che può essere consumata cruda, e la musa balbisiana a cui appartengono i platani e tutte le varietà che devono essere consumate cotte.
Insieme alla mela, la banana è uno dei frutti più antichi e diffusi, si stima che fosse regolarmente conosciuta nei paesi del sud-est asiatico già nel 5000 a.C.; si trova il primo riferimento alle banane in testi buddisti del 600 a.C.. Secondo gli studiosi è stata portata in occidente (Grecia e Macedonia) da Alessandro Magno, che è il primo occidentale a nominarla in un testo scritto nel 327 a.C.. Le prime coltivazioni di banane sono ad opera dei cinesi e i primi a commerciarle gli arabi che le portarono prima in Africa dove fu scoperta dagli esploratori del ‘500 che la portarono in America Latina per approdare successivamente, nel periodo Rinascimentale, sulle tavole dei re e dei nobili d’Europa.
Oggi è uno dei frutti più diffusi ed è coltivata in ben 150 paesi dall’estremo oriente al Sudamerica; il maggiore produttore è l’India che ogni anno ne produce più del 25% del totale mondiale. L’India, insieme al Brasile e all’Ecuador, produce quasi il 75% delle banane sul mercato internazionale, mentre i maggiori importatori, insieme all’Europa, sono gli Stati Uniti e il Giappone, negli ultimi due le banane hanno risvegliato un improvviso interesse grazie alla popolarità della Morning banana diet, la dieta della banana, che consiste nel mangiare una banana a colazione e più o meno quel che si vuole il resto della giornata.
Si parla impropriamente di albero delle banane, infatti il frutto cresce su un’erba gigante alta tra i 7 e i 15 metri. In realtà non è nemmeno un frutto, ma una bacca che cresce a testa in giù e non si riproduce tramite semi (che sono quei puntolini neri che si vedono all’interno delle banane), ma per propagazione o per clonazione.
Per pura decisione commerciale, delle miriadi di tipologie di banane, nel 1834 William George Spencer Cavendish, duca del Devonshire, clonò con successo la banana che tutti noi europei conosciamo e che porta il suo nome, e la riprodusse migliaia di volte. La scelta cadde su questo tipo di banana perché è la più resistente al trasporto e perché immune a un fungo parassita che attaccava le banane dell’epoca. In quanto frutto di una clonazione, le banane che noi vediamo nei negozi, hanno tutte lo stesso patrimonio genetico, sia che le compriamo in Italia, sia che le compriamo in qualunque altra parte del mondo, e sono geneticamente uguali a quelle che Lord Cavendish produsse nel 1834. Questa unicità genetica, che è stata il punto di forza per la diffusione delle banane Cavendish, oggi è la sua più grande debolezza. Infatti questo significa anche che tutte le banane della specie Cavendish hanno un unico sistema immunitario e che il parassita, un fungo detto malattia di Panama, che oggi sta decimando le coltivazioni in Asia e in Africa (si parla di un calo nella produzione del 40%), potenzialmente può decimare anche quelle di Europa e America Latina. Dan Koeppel, autore di “Banana: The Fate of the Fruit That Changed the World”, ipotizza l’estinzione delle banane Cavendish, esattamente come è successo al tipo Gros Michel nell’Ottocento, attaccata da una variante del fungo della malattia di Panama e oggi completamente estinta. Gli scienziati sostengono che l’unico modo per salvare le banane dall’estinzione sia abbandonare la monocoltura.
Il che significherebbe doversi abituare a banane che da noi sono completamente sconosciute,

come le banane Lacatan, diffuse nelle Filippine, più grandi e dalla buccia più dura rispetto alle nostre, quando sono mature assumono una tonalità leggermente aranciata.
Oppure le banane red, note anche come banana di Cuba, dalla buccia rossa e la polpa rosata. Le lady finger, australiane, più piccole e più dolci delle Cavendish. Oppure le Pisang Raja, altra varietà di banane rosse, note in Indonesia perché utilizzate per preparare le banane fritte. Ci sono poi le blue Java, dette anche ice-cream bananas, le banane gelato, molto dolci e tipiche delle Hawaii, che devono il loro nome al colore blu chiaro della buccia.
Come vedete, le nostre banane hanno una storia più complessa e un futuro più incerto di quello che generalmente pensiamo. E voi, dovendo scegliere delle banane più esotiche delle nostre classiche gialle verso cosa vi orientereste? Le banane rosse o quelle blu? Personalmente un pensierino sulle banane fritte lo farei, magari con un po’ di gelato.
Un bell’OGM, come tante cose che mangiamo abitualmente. Grazie, molto interessante
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In realtà no. C’è una differenza sostanziale tra clonazione e modificazione genetica. La clonazione esiste anche in natura e non interferisce con il dna, è “semplicemente” una fotocopia del dna (per dirla in modo molto spiccio e poco scientifico). Mentre gli ogm subiscono modifiche del dna. Comunque mi hai dato un bello spunto per un post, grazie 🙂
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Grazie a te per la precisazione
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