Questa settimana parleremo di marchi di qualità nel settore agroalimentare.
Un marchio di qualità è una certificazione che attesta la qualità dei prodotti in commercio. Viene rilasciato sia da consorzi di aziende, che si impongono determinate regole di produzione, sia da organismi di certificazione, ovvero da una terza parte indipendente rispetto a produttori e consumatori.
Come vedremo alcune certificazione hanno un valore a livello europeo, mentre altre sono riconosciute soltanto in Italia.
DOC (denominazione di origine controllata)
Il marchio DOC è una certificazione italiana nata nel 1963 in ambito enologico, sulla falsariga della certificazione francese AOC (Appelation d’Origine Contrôlée).
Certifica la zona di origine e di raccolta delle uve utilizzate per la produzione del vino sul quale è apposto il marchio.
L’etichettatura DOC prevede tre livelli:
– DO denominazione di origine (abbastanza raro);
– DOC denominazione di origine controllata – designa un prodotto famoso legato a un determinato territorio;
– DOCG denominazione di origine controllata e garantita – questo marchio è nato per restringere ulteriormente la certificazione DOC e indica l’origine geografica del vino, che deve essere indicata in etichetta. La denominazione DOCG viene riconosciuta a vini che abbiano la certificazione DOC da almeno dieci anni e considerati particolarmente pregiati.
Nel 2010 le indicazioni DOC e DOCG sono state inglobate nella dicitura europea DOP, tuttavia a volte la dicitura DOC o DOCG può essere ancora trovata insieme al marchio DOP come menzioni specifiche tradizionali, in quanto più immediatamente riconoscibili ai consumatori.
Nel settore enologico ci sono altre due sigle per classificare i vini:
– la dicitura generica vini da tavola (in Europa indicato come TW, Table Wine), che indica il vino con la più bassa qualità, a questa tipologia di vini non è associata alcuna provenienza territoriale specifica;
– la dicitura Vino di Qualità Prodotto in Regione Determinata (VQPRD) che comprende i vini DOC e DOCG; all’interno di questa dicitura si possono trovare anche vini DOP.
I vini VSQPRD sono a loro volta suddivisi in diverse categorie:
Vini Spumanti (VSQPRD);
Vini Liquorosi (VLQPRD);
Vini Frizzanti (VFQPRD).
DOP (denominazione di origine protetta)
Questa certificazione europea è nata nel 1992.
Inizialmente il marchio era blu, nel 2008, quando è stato creato il marchio IGP, è stato modificato in rosso per non creare confusione tra i due marchi. Questa certificazione viene riconosciuta alle produzioni agricole e agroalimentari che hanno uno stretto legame con il territorio di produzione. Tutte le fasi di produzione, dalle materie prime alla lavorazione, devono avvenire all’interno dell’area definita dal disciplinare ministeriale. Il controllo del rispetto dei requisiti di territorialità del prodotto, viene garantito da un apposito organismo di controllo.
Il legame con il territorio di produzione comprende l’insieme di fattori naturali (clima, caratteristiche del territorio) e fattori umani (determinate tecniche di produzione) tipici di una zona delimitata.
Sono prodotti DOP, tra gli altri, il Grana padano, il Parmigiano reggiano e la mozzarella di bufala campana.
IGP (indicazione di origine protetta)
Questa certificazione europea riconosce prodotti agricoli e alimentari che posseggono qualità o caratteristiche determinate dall’origine geografica.
Almeno una delle fasi produttive deve avvenire in un’area geografica determinata, ma non necessariamente tutte.
Nel settore enologico la sigla IGP, può essere trovata insieme alla classificazione IGT (indicazione geografica tipica).
Sono prodotti IGP, tra gli altri, il lardo di Colonnata e il pomodoro di Pachino.
IGT (Indicazione geografica tipica)
La denominazione IGT, utilizzata in Italia ambito enologico, è il primo passo per riconoscere l’origine delle uve utilizzate per produrre un vino, dove almeno l’85% delle uve deve provenira da una determinata zona. Dal punto di vista qualitativo è il gradino immeditamente superiore alla definizione di vino da tavola.
In questa categoria rientrano 118 vini. Dopo cinque anni i vini a marchio IGT possono aspirare a diventare DOC.
Simile alla classificazione IGT troviamo i “Vin de Pays” in Francia e i “Landwein” in Germania.
STG (specialità tradizionale garantita)
Il marchio STG non fa riferimento all’origine di un prodotto, ma alla sua composizione oppure a un metodo di produzione tradizionale. Con questa certificazione vengono tutelate le specificità produttive all’origine di un determinato prodotto, indipendentemente che siano legate a un territorio oppure no.
Si tratta di specialità alimentari che hanno come unico requisito quello di essere prodotte in modo fedele alla “tradizione”, senza garanzie in merito alla provenienza del prodotto stesso né riguardo alle materie prime utilizzate.
Un prodotto per essere riconosciuto come STG deve essere presente sul territorio da almeno 25 anni (una generazione). In Italia ci sono due prodotti riconosciuti con questa certificazione: la mozzarella e la Pizza Napoletana.
PAT (prodotti agroalimentari tradizionali)
I PAT sono prodotti di nicchia solitamente riconosciuti dalle Regioni. Questa dicitura, tutta italiana, nasce per evitare la scomparsa delle piccolissime produzioni locali che non hanno una diffusione sufficiente per rientrare nelle altre diciture. Questa sigla nasce dall’esigenza italiana di veder riconosciuta una condizione di svantaggio rispetto alle grandi produzioni intensive. Il riconoscimento di un prodotto come PAT avviene da parte delle Regioni e l’elenco di questi prodotti viene conservato dal MIPAAF (Ministero delle politiche agricole). Questi prodotti possono essere riconosciuti come tradizionali solo se la lavorazione, produzione, conservazione risultano presenti sul territorio da non meno di 25 anni. Tra i prodotti a denominazione PAT troviamo l’aglio rosso di Sulmona, il farro d’Abruzzo e la cotognata.
De.C.O. (denominazioni comunali d’origine) e De.Co. (denominazioni comunali)
Simili ai PAT, ma riconosciuti a livello comunale i De.C.O. e i De.Co. sono stati istituiti nel 1990, nell’ambito delle politiche di decentramento amministrativo per la valorizzazione delle varietà agroalimentari e sono nati da un’idea promossa da Luigi Veronellli.
Tra i prodotti che rientrano in questa categoria troviamo le pesche settembrine e il riso alla Pilota di Castel D’Ario (MN).
BIO (produzione biologica)
La produzione biologica riguarda l’adozione di migliori pratiche nella produzione agroalimentare in termini di impatto ambientale, impiego responsabile dell’energia e salvaguardia delle risorse naturali, alto livello di biodiversità e dell’adozione di criteri rigorosi in merito al benessere degli animali.
Tra i principi che regolano la produzione degli alimenti biologici troviamo l’adattamento e l’integrazione con l’ecosistema, quindi ad ogni territorio corrispondono prodotti sostenibili specifici di quel sistema ambientale. Ci sono enti certificatori che garantiscono che la gestione dell’intera filiera della produzione avvenga secondo i requisiti specifici di questa certificazione.
Questi sono i marchi di qualità del settore agroalimentare. Li conoscevi tutti? Sapevi le differenze tra uno e l’altro? Puoi condividere le tue riflessioni nei commenti.
1 pensiero su “In principio era il DOC: viaggio nel mondo della qualità agroalimentare”