Il classico dei classici dei film americani è l’immagine di boyscout e girlscout seduti intorno a un fuoco da campo (campfire) che scaldano, infilzati su dei ramoscelli, i famosissimi marshmallow. Il nome marshmallow deriva da una pianta, l’altea comune (marsh mallow, malva di palude), dalle cui radici si ricavava il succo che originariamente serviva a produrre questi buonissimi dolcetti spugnosi, che in Italia sono conosciuti anche come cotone dolce. La tradizione vuole che nel 1927 una ragazza, Loretta Scott Crew, abbia inventato una ricetta utilizzando tre semplicissimi ingredienti che si trovano facilmente negli zaini di ogni campeggiatore americano e canadese: marshmellow, cioccolata e Graham crackers.
I Graham crackers, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sono crackers nel senso che intendiamo noi italiani, sono dei biscotti secchi fatti con farina integrale di grano (whole-wheat flour negli Stati Uniti e wholemeal flour in Gran Bretagna) inventati dal reverendo Sylvester Graham intorno al 1829. All’epoca al pane che veniva venduto nei forni per le famiglie benestanti, erano aggiunti degli additivi per renderlo più bianco e quindi più “chic”, per distinguerlo dal pane nero consumato dai poveri e preparato in casa. Il reverendo Graham era convinto che questi additivi, così come la carne e altri alimenti considerati impuri, stimolassero eccessivamente il desiderio sessuale, cosa che, secondo lui, provocava le malattie. Decise quindi di promuovere una dieta vegetariana e inventò il pane di Graham (qui) che era, per l’appunto, privo di additivi. Sarà contento il reverendo di sapere che oggi i cracker che portano il suo nome sono fatti con una base di farina bianca con l’aggiunta di zucchero e miele che li rendono dolci e quindi molto graditi come spuntino, ben diversi dal cibo sano e semplice che erano nell’idea originale del reverendo. I cracker Graham assomigliano molto per sapore e consistenza ai famosi biscotti Digestive, utilizzati come base per la cheesecake.
Una curiosità: le idee sull’alimentazione del reverendo Graham erano condivise da John Harvey Kellog, l’inventore di corn flakes.
Pare che Loretta Scott Crew abbia avuto l’idea di creare una sorta di sandwich con due cracker Graham a racchiudere un pezzo di cioccolato che con il calore del marshmallow abrustolito viene ammorbidito.
Questo spuntino, inizialmente conosciuto come Graham sandwich, prese ben presto il nome di S’more, ovvero la frase some more (un po’ di più, ancora), pronunciata con la bocca piena, che sarebbe l’inevitabile richiesta di chi si gusta questo dolce.
A dimostrazione della popolarità di questi sandwich golosi è l’incredibile quantità di ricette, variazioni negli ingredienti (si va dalla cioccolata alla menta al bacon abrustolito), e versioni che si possono trovare in rete (giusto per farvi un’idea, potete trovare alcune delle varianti più curiose qui).
Alcune curiosità:
– pare che lo S’more fosse uno degli spuntini preferiti da Elvis Presley che lo mangiava con aggiunta di burro di arachidi banane e bacon abrustolito.
– Tra le tante versioni c’è quella di un ristorante di New York lo ha reinventato in versione gourmet, proponendolo come dolce a strati alternati di Graham crackers, marshmallow e salsa al cioccolato (qui).
– A Los Angeles, in California c’è un negozio specializzato nella vendita di questi spuntini confezionati in numerose varianti (qui). Al momento non fanno spedizioni internazionali, ma promettono che provvederanno a breve. Che dire, teniamoli d’occhio.
– La rivista ufficiale dell’associazione scoutistica femminile della Pennsylvania occidentale si chiama S’more, e visto che promuovono l’idea di aiutare le ragazze a scoprire i propri punti di forza, le passioni e i talenti, mi sento di appoggiarla e, nel mio piccolissimo, di promuoverla (qui).
– Infine, non poteva mancare la versione di Starbucks che ha creato un Frappuccino (?) che richiamasse “l’esperienza estiva di arrostire uno s’more”.
Immagini:
- Evan-Amos – Own work, CC0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17055080
- Evan-Amos – Own work, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=12372887
- Nina Hale – Flickr, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2204354